E-commerce e Covid
In una recente intervista, andata in onda nel programma 2024 di Enrico Pagliarini su Radio24, Roberto Liscia, presidente del Consorzio Netcomm, che si occupa di commercio elettronico in Italia, ha raccontato cos’è successo al mercato dell’eCommerce durante e dopo il periodo di lock-down causato dal Covid19.
Questi mesi sono stati estremamente complessi per molte aziende, alcune sono fallite o ci sono andate molto vicino, altre invece hanno prosperato. Alcune società, che erano già pronte a vendere online o che, ci sono lanciate in questi mesi, hanno fatto grandi affari.
La crescita del consumo digitale è aumentato di 5 anni in pochi mesi, da una rilevazione periodica è emerso che più di 2,6 milioni di nuovi consumatori (che rappresentano più di 5 milioni di famiglie, visto che si parla principalmente di consumo alimentare) si sono avvicinate all’on-line. Di queste famiglie oltre il 30% ha intenzione di proseguire anche in futuro l’acquisto di prodotti online da affiancare all’acquisto offline.
In generale c’è stata una crescita del canale digitale ovviamente causata dalla chiusura del negozi tradizionali, più del doppio per il comparto alimentare e della salute, in alcune settimane si addirittura triplicato il volume d’affari.
Non sono cambiati solo le modalità di acquisto di molti italiani, ma anche quelle di delivery (consegna dei prodotti), triplicando, per esempio, quello che viene definito il “click & collect“, ossia ordinare e pagare online e poi presentarsi presso il punto fisico, ad un orario concordato, per prelevare ciò che si era ordinato senza code eccessive e senza avere contatti con il commesso (contactless delivery).
In questi mesi sono cambiati le abitudini sociali degli italiani dove la casa è diventata il fulcro dell’intrattenimento, del consumo, della formazione e della ristorazione.
Il commercio elettronico vale oggi il 7-8% del totale sul retail, diventando una cifra significativa, con grandi difformità in base al settore merceologico, si supera il 30% nell’elettronica e si arriva all’1,5% nell’alimentare, con margini di crescita quindi molto elevati con molte opportunità che ancora non tutte le aziende hanno compreso.
Queste barriere oggi stanno crollando, e si percorre il concetto di omnicanalità, dove le grandi catene distributive aggiungono il canale online ai negozi fisici. Questi si vanno aggiungere a quelle attività che sono nate direttamente con un unico canale di vendita digitale o ai piccoli negozi che già da tempo avevano affiancato la vendita online al negozio di quartiere.
Durante il lock-down centinaia di negozi, per senso d’urgenza, sono state costrette ad aprire canali digitali per la vendita, che però hanno mantenuto attivi anche dopo la riapertura, perché da un lato potevano servire meglio il cliente, e dall’altro il cliente ha capito di avere una doppia scelta, acquistare da casa o comprare sul posto.
Dal punto di vista tecnologico ci sono tantissime innovazioni che stanno arrivando, dai droni che controllano gli scaffali nei supermercati inviando i dati alla logistica, fino all’inteligenza artificiale che ottimizza gli ordini e lo spostamento delle merci, o al machine learning che permette di aiutare e servire meglio i clienti, divenuti sempre più esigenti e differenziati, personalizzando il servizio.
L’intervista si è conclusa con il tema dell’export. Il Made in Italy è famoso in tutto il mondo, la distribuzione con i canali fisici ci ha fin qui agevolato, ma il paese deve recuperare il gap tecnologico con l’estero, soprattutto in ambito e-commerce, se vuole continuare a vendere i propri prodotti all’estero. Da un’analisi approfondita esistono nel mondo online più di 400 marketplace di un certo rilievo per il mercato b2b e b2c, e noi dobbiamo sapere ancorarci a questi canali per vendere alle aziende ed ai consumatori presenti in questo mercato.
Per fare ciò abbiamo bisogno, ad esempio, delle foto digitali dei nostri prodotti, dell’inventario e della situazione del nostro magazzino in tempo reale ecc.
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